Mar 20

Una biobanca per trovare la cura all’atassia

Si è svolta questa mattina (martedì 20 marzo 2018) la conferenza stampa per la presentazione del progetto

"Valutazione di tre approcci di CORrezione GEnica per il trattamento dell'Atassia Spinocerebellare di tipo I (SCA1)” nato dalla collaborazione tra due importanti realtà scientifiche ferraresi - il Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche dell'Università di Ferrara e il reparto di Neurologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara – con il sostegno della Fondazione A.c.a.Re.f di Ferrara e dell’Associazione Nazionale AISA (Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche).
All’incontro erano presenti Eugenio Di Ruscio, Direttore Sanitario S. Anna; Valeria Tugnoli, Direttore Neurologia S. Anna; Peggy Marconi, Università di Ferrara, titolare del progetto; Francesca Salvatori, ricercatore; Giampietro Domenicali, presidente Fondazione Acaref Ferrara; Silvio Sivieri, presidente Aisa Ferrara.

Il progetto di ricerca pilota, attivo dal 2016, punta a trovare una cura per l'Atassia Spinocerebellare di tipo I (SCA1), una sindrome genetica rara ed incurabile, che provoca gravi disordini di movimento e parola, fino a immobilizzare completamente il malato togliendogli ogni autonomia e infine la vita.

Il progetto, proposto dalla prof.ssa Peggy Marconi, ha l’obiettivo di fermare la degenerazione delle cellule del cervelletto che provoca la sindrome con una terapia etiologica, che vuole rimuovere, appunto, la causa della malattia all’origine. Nel dettaglio i ricercatori hanno studiato in vitro un modo per bloccare l’anomalia genetica che fa produrre alle cellule la proteina tossica responsabile dell’atassia e allo stesso tempo sostituire la proteina con una sana.

Ora è arrivato il momento di passare alla fase successiva della ricerca e verificare l’efficacia dell’approccio sulle cellule umane malate, passando dunque alla sperimentazione al vivo. Per farlo sarà prelevata da pazienti effetti da SCA1 una piccola porzione di cute superficiale (4 mm) dal braccio, dal quale saranno estratti dei preparati cellulari (fibroblasti cutanei). Un intervento semplice e indolore, ma fondamentale per la futura applicazione terapeutica sui malati, che potrebbe bloccare l’atassia e debellarla completamente.

In questi anni la Fondazione A.c.a.re.f di Ferrara ha lavorato per raccogliere fondi in maniera continuativa, proprio per consentire alla ricerca di evolvere e arrivare a questo punto di svolta. “Grazie alla disponibilità della prof.ssa Valeria Tugnoli e al lavoro dei ricercatori, Peggy Marconi e Francesca Salvatori in primis – spiega Giampietro Domenicali, presidente della Fondazione – passeremo presto dallo studio in vitro a quello in vivo, sulle cellule dei pazienti. Uno step decisivo che risponde a una costante e forte richiesta dei giovani colpiti da atassia spino-cerebellare, che vedono in questo progetto la speranza per una terapia che possa fermare il progredire della sindrome, fino a trovare una cura. Fermare – conclude Domenicali - è la parola d’ordine, perché una delle caratteristiche dell’atassia è la velocità con cui si prende il tempo e la vita delle persone. La nostra Fondazione continuerà a raccogliere fondi per sostenere tutti i diversi passaggi della ricerca, non ci vogliamo fermare perché questa tremenda malattia non si ferma davanti a niente e dobbiamo essere più forti e agguerriti di lei.”

Come contribuire a supportare la ricerca:

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