Lug 17

Fondazione A.c.a.Re.f: il sostegno alla ricerca per l’atassia non si ferma

La Fondazione ha rinnovato l’accordo con l’Università di Ferrara e finanzierà con altri 80 mila euro il progetto di ricerca iniziato nel 2016

FERRARA – “I progetti di ricerca scientifica devono essere continuativi e i ricercatori devono poter lavorare esplorando tutte le variabili e con la certezza che ci saranno fondi per continuare. Solo così possono avere una possibilità concreta di successo, un successo che nel nostro caso significa trovare una cura per l'Atassia Spinocerebellare di tipo I (SCA1) e salvare la vita a molte persone” - spiega Silvio Sivieri, presidente della Fondazione A.c.a.re.f di Ferrara, nel giorno del rinnovo della convenzione tra la Fondazione e l’Università di Ferrara, finalizzata a continuare la ricerca scientifica per l’atassia.
Il progetto, attivo dal 2016 presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche dell'Università, sarà finanziato con altri 80.000 euro che serviranno per il lavoro di una ricercatrice, Francesca Salvatori, che insieme alla prof.ssa Peggy Marconi e a un team di giovani ricercatori sta cercando, con un approccio sperimentale e innovativo, di bloccare il decorso della sindrome genetica e ridare una speranza concreta ai malati.
“Attualmente – afferma Francesca Salvatori - non esistono cure per bloccare o rallentare la progressione della malattia. Il nostro progetto "Valutazione di tre approcci di CORrezione GEnica per il trattamento dell'Atassia Spinocerebellare di tipo I (SCA1)” ha l’obiettivo di sviluppare una terapia in grado di prevenire l’insorgenza o ritardare l’avanzamento dei sintomi, attraverso un approccio di terapia genica. Tradizionalmente, per terapia genica si intende l’introduzione di un gene sano all’interno di cellule malate. Purtroppo, nel caso della SCA1, questo non basta poiché il gene mutato determina la produzione di una proteina tossica e, finché essa sarà presente all’interno delle cellule, la malattia persisterà. Per questa ragione – continua la Salvatori - abbiamo sviluppato due strategie terapeutiche per bloccare o correggere il gene direttamente nel suo locus genico, effettuando quello che viene chiamato Gene Editing, cioè modifica diretta del genoma. La prima strategia prevede l’introduzione di un gene sano contemporaneamente all’inattivazione di quelli presenti nelle cellule malate, in modo da bloccare la produzione di proteine tossiche. La seconda contempla, in sostanza, la ricostruzione del gene corretto. A breve, dopo la risoluzione di alcuni problemi sperimentali, potremo partire con la valutazione e validazione dei nostri approcci terapeutici in cellule prelevate dalla cute di malati di SCA1, un passo davvero fondamentale della ricerca”.

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